Area Wilderness - Val Parina

La Geologia della Val Brembana
L'assetto geologico brembano risulta molto articolato e complicato da motivi tettonici e strutturali sia a scala locale che a scala regionale.
La geologia del contesto vallivo brembano meridionale è caratterizzata dalla presenza di unità mesozoiche, in particolare triassiche.
La Dolomia Principale costituisce in effetti il litotipo dominante nell'area. Molto rappresentata è anche la formazione delle Argilliti di Riva di Solto che presenta ampi affioramenti nel settore nord-occidentale. La morfologia del territorio, espressione della natura e del diverso grado di erodibilità di queste rocce, è caratterizzata da bruschi e notevoli stacchi nella continuità dei versanti, con sviluppo di morfologie ruiniformi a guglie e pinnacoli entro i litotipi carbonatici e di morfologie più dolci e con minori dislivelli entro i litotipi argillitici, come quelli che caratterizzano il tratto della Valle Brembana da Lenna a Zogno o la media Val Taleggio.
Tipica espressione di questi stacchi sono le profonde forre presenti nei tratti terminali della Val Taleggio e della Valle Serina e all'altezza di Sedrina.
Una morfologia aspra e accidentata contraddistingue anche gli ambiti territoriali caratterizzati dalla presenza del Calcare di Esino come il tratto inferiore della Val Parina.
La dorsale settentrionale, culminante nel Pizzo del Diavolo di Tenda, è costituita da rocce scistose di colore scuro, intensamente deformate dai processi orogenetici, mentre a sud della linea Valtorta-Valcanale, le rocce presenti sono sedimentarie carbonatiche, di colore chiaro, e danno vita alle classiche morfologie carsiche riconoscibili nelle forme dei monti Arera, Venturosa e Cancervo.
L'alta Val Brembana è stata interessata dalle grandi glaciazioni che, a causa del mancato sviluppo di grandi apparati glaciali, hanno lasciato tracce modeste ancorché visibili nei circhi e nei laghetti glaciali (Lago dei Curiosi, Lago Cabianca, Lago Rotondo, Lago di Val Sambuzza, Laghetti di Ponteranica, ecc.) e nei depositi morenici che caratterizzano la porzione più elevata della valle.
In generale, la parte montuosa del territorio bergamasco in generale è caratterizzata, dal punto di vista strutturale, da una successione di "zone" distinte, da nord a sud, sulla base di peculiari caratteri e strutture tettoniche.
Inquadramento geologico della Val Parina
Il territorio della Val Parina si estende a partire dalla frazione "Piani di Scalvino a Lenna", sulla sinistra orografica del Brembo, fino a poco prima dell' abitato di Oltre il Colle, comprendendo una stretta ed articolata incisione valliva.
I limiti settentrionali sono definiti da un'imponente successione di cime calcaree: nell'ordine, Corna Bianca, Medile e Ortighera, sino allo spettacolare altopiano, vergente verso sud, compreso tra il monte Valbona e la Cima di Menna.
I caratteri morfologici qualificanti la valle, sono strettamente correlati alle caratteristiche litologiche delle successioni geologiche presenti. Il tratto iniziale, dalla confluenza con il Brembo, si sviluppa per circa tre chilometri; in esso il torrente Parina ha scolpito i Calcari di Esino della piattaforma ladinica, modellando un paesaggio che diviene subito aspro, dirupato, con profondi e paurosi orridi ricchi di particolari forme di erosione.
I calcari in questione occupano, con imponenti pareti verticali, buona parte della valle. Il Calcare di Esino è una formazione caratteristica di ambiente di piattaforma: è costituito da diverse litofacies, che comprendono calcari grigi – grigio nocciola localmente dolomitizzati.
Risalendo la valle, lungo l'unico sentiero, che impegna la destra orografica, è possibile distinguere le diverse litozone dell'Esino, che nella parte medio bassa sono massive e danno origine ad una morfologia segnata da strette forre e imponenti bastionate di roccia. Diversamente i settori medio superiori sono caratterizzati da una stratificazione a grossi banchi in cui sono presenti livelli fossiliferi, con accumuli di alghe dasycladacee e gasteropodi, che danno luogo a località fossilifere di notevole interesse.
Alla sommità della valle, che si raccorda con il fianco meridionale della Cima di Menna, le morfologie tendono ad addolcirsi, prefigurando il netto cambiamento delle condizioni geologiche, nei pressi di Oltre il Colle, al limite del S.I.C..
A queste quote è ben visibile la struttura della potente piattaforma carbonatica su cui nelle zone più elevate, sul monte Medile (1.589m s.l.m.), poggiano le formazioni di Breno, caratterizzate da calcari dolomitici grigi in banchi metrici, e il Calcare Metallifero Bergamasco.
Quest'ultimo è costituito da calcari grigio scuri con stratificazione fitta e liste di selce nera, contiene al suo interno tasche mineralizzate a Piombo – Zinco, fluorite e barite, oggetto di interesse minerario.
Superata la sella che separa il Medile dal monte Ortighera, ecco affiorare la formazione dell'Arenaria di Val Sabbia, segnata da siltiti e litoareniti vulcaniche di colore da grigio-verde a rossastro, stratificate in banchi pluridecimetrici. Questi settori di affioramento sono interessati da un esteso e complesso sistema di faglie con andamento nord – ovest sud – est che attraversano e superano la Val Parina.
Degni di nota, soprattutto per lo sfruttamento a cui sono stati sottoposti nel passato fino ad oggi, sono gli affioramenti del Calcare Rosso, limitatamente estesi all'imbocco della confluenza con il Brembo, circa a quota 1.000 m s.l.m. lungo una stretta striscia alla sommità dello spartiacque tra la località Foppazza e il Pizzone: questa formazione è costituita da calcari intensamente modificati da diagenesi, con cavità e fratture contenenti paleosuoli, che da colori grigio scuri virano al rosso deciso (terre rosse), disegnando particolari motivi cromatici "arabescati".
In passato oggetto di coltivazione come "marmo", i segni della passata attività estrattiva sono oggi visibili nel greto del torrente Parina, testitimoniati dalla presenza di blocchi di dimensioni plurimetriche di calcare, frammisti ai ciottoli alluvionali, poco prima che il corso d'acqua confluisca nel Brembo.
Da quest'utima, percorrendo lo stretto crinale che giunge al Passo dell'Orso (1.723 m s.l.m.) e piegando verso oriente, si percorre la catena di creste che comprende in successione il monte Castello, Vaccaregio (1.474 m s.l.m.) e Pizzone.
Cenni alla storia geologica delle Alpi
Le Alpi si sono iniziate a formare nel tardo Mesozoico (tra 250 e 65 milioni di anni fa) dalla chiusura dell'oceano Tetide in seguito alla risalita verso nord dell'Africa, dell'Arabia e del Subcontinente indiano verso l'Eurasia; il processo è poi proseguito nel Cenozoico (da 65 milioni di anni ad oggi) ed è all'origine non solo della catena Alpina ma anche di quella Himalayana

Le placche meridionali sono state spinte dai moti convettivi del mantello terrestre verso nord, comprimendo e corrugando le rocce esistenti. Da questa formidabile compressione e corrispondente sollevamento sono derivate le montagne che oggi vediamo e la notevole varietà di rocce che le compongono. I rilievi della catena orobica bergamasca fanno parte delle Alpi meridionali (o Sudalpino) che sono separate dal corpo principale della catena alpina dalla linea insubrica, una importantissima discontinuità di origine tettonica a decorso est-ovest, estesa per centinaia di chilometri, lungo la quale sono avvenuti movimenti sia in senso verticale che orizzontale a causa della compressione delle placche.e Alpi meridionali si sono formate in seguito alla collisione tra placca europea e placca adriatica, appartenente quest'ultima, secondo la maggior parte degli autori, alla placca africana e rappresentano il risultato dei processi di sottoscorrimento della crosta continentale africana sotto il margine alpino. Le Alpi meridionali non si limitano a comprendere la parte affiorante della catena, ma continuano verso sud in profondità, sotto le ghiaie e sabbie della Pianura Padana fino all'altezza di Milano.
La catena delle Alpi meridionali, e quindi anche il settore orobico, presenta uno stile deformativo notevolmente differente da quello sviluppatosi nell'edificio alpino vero e proprio situato a nord della linea insubrica. In questo tratto della catena, infatti, i processi metamorfici, che nelle Alpi hanno prodotto la quasi completa trasformazione delle rocce, si sono sviluppati in modo incipiente e solamente nelle porzioni strutturalmente più profonde. Inoltre, mentre nell'orogeno alpino si è avuto lo sviluppo di falde, ossia si è verificata la traslazione e sovrapposizione di vaste porzioni di crosta continentale e oceanica appartenenti originariamente a differenti zone paleogeografiche, nelle Alpi meridionali si assiste alla formazione di sovrascorrimenti di minori dimensioni, costituiti da rocce provenienti dalla medesima area.

Con il termine di sovrascorrimento vengono intese quelle masse rocciose che si spostano lungo superfici poco inclinate sotto la spinta dei processi tettonici di tipo compressivo che danno luogo alla formazione delle catene montuose.Un'altra differenza tra le unità strutturali appartenenti alle Alpi meridionali e le unità poste a nord della linea insubrica è data dal senso apparente del movimento tettonico di queste: mentre nelle Alpi le unità strutturali si sono mosse verso nord, ossia verso il continente europeo, nelle Alpi meridionali i sovrascorrimenti sono stati trasportati verso sud, ovvero verso il continente africano.




