Area Wilderness - Val Parina
Capriolo
Capreolus capreolus Linneus 1758

Sistematica
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Superordine Ungulati
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Ordine Artiodattili
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Sottordine Ruminanti
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Famiglia Cervidi
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Sottofamiglia Odocoileini
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Sottospecie italiane:
> Capreolus capreolus capreolus (Linnaeus, 1758) (Arco alpino, Appennino settentrionale, Abruzzo, Sila)
> Capreolus capreolus italicus Festa, 1925 (Gargano, Castelporziano, Monti di Orsomarso)
L'optimum ecologico per il Capriolo è rappresentato da territori di pianura, collina e media montagna con innevamento scarso e poco prolungato nei quali si sviluppa un mosaico ad elevato indice di ecotono caratterizzato dalla continua alternanza di ambienti aperti con vegetazione erbacea e boschi di latifoglie. Tuttavia la specie accetta una vasta gamma di situazioni ambientali diverse, dalle foreste pure di conifere alla macchia mediterranea. In Italia, contrariamente a quanto avviene in altri paesi europei, manca pressoché totalmente dalle pianure intensamente coltivate, mentre è diffuso lungo le due catene montuose principali, dal piano basale al limite superiore della vegetazione arborea ed arbustiva (Orizzonte alpino), nonché nei rilievi minori della fascia prealpina e in quelli che formano l'Antiappennino toscano.
Status
Sino alla metà del XVIII secolo il Capriolo era abbondantemente diffuso pressoché in tutta l'Italia continentale ed in Sicilia. Successivamente, la crescita della popolazione umana e la sua capillare invasione di ogni territorio con lo sviluppo delle attività agrosilvo-pastorali ha provocato una progressiva contrazione sia dell'areale della specie sia della consistenza delle sue popolazioni, principalmente a causa della persecuzione diretta di cui è stata oggetto. La fase più acuta di questo fenomeno corrisponde al periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale, quando il Capriolo era presente con poche popolazioni tra loro isolate, concentrate soprattutto nell'arco alpino orientale e nella Maremma.
A partire dalla fine degli anni '60 si è verificata un'inversione di tendenza che ha portato la specie a rioccupare una parte considerevole del proprio areale storico. Ciò è avvenuto grazie all'azione sinergica di più fattori: l'abbandono delle tradizionali attività rurali in vasti territori montani del Paese con il conseguente miglioramento delle condizioni ambientali (parziale riconquista delle superfici un tempo coltivate da parte della vegetazione forestale pioniera) e diminuzione della pressione diretta da parte dell'uomo sulle popolazioni relitte, introduzione di norme tese a vietare o regolamentare la caccia alla specie, immigrazione in nuovi territori da parte di soggetti provenienti dai nuclei residui, operazioni di reintroduzione operate in più settori geografici soprattutto dalle Pubbliche Amministrazioni.
Nell'Italia centro-meridionale il Capriolo occupa invece una frazione estremamente ridotta dell'areale potenziale con poche popolazioni di piccole dimensioni tra loro fortemente isolate.
Attualmente non è possibile stimare con precisione la consistenza globale della specie sul territorio nazionale, ma essa dovrebbe aggirarsi intorno ai 400.000 capi. Localmente, in particolare in alcuni settori dell'Appennino ligure e tosco-romagnolo, sono state riscontrate densità assai elevate, sino ad oltre 40 capi per Kmq, anche se in generale la densità delle popolazioni risulta ancora distante da quella potenziale.
Il Capriolo è cacciato, in genere sulla base di piani di prelievo selettivi, in tutte le province alpine ed in quelle di Savona, Alessandria, Parma, Massa Carrara, Pistoia, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Firenze, Ravenna, Forlì, Arezzo, Siena e Grosseto con un prelievo complessivo annuale stimabile in circa 30.000 capi nel periodo 1998-99.
La specie è attualmente presente su gran parte del territorio della Provincia di Bergamo con consistenze stimate nell'ordine di 4740 capi, di cui 2570 presenti in Val Brembana.
Problemi di conservazione
Nella parte centro-settentrionale del Paese il Capriolo mostra uno stato di conservazione generalmente soddisfacente ed in progressivo miglioramento, anche se non mancano situazioni locali nelle quali una cattiva gestione tende a mantenere tuttora densità di popolazione assai inferiori a quelle potenziali o ad impedire, attraverso il bracconaggio sistematico, la naturale ricolonizzazione del territorio.
Questi fattori limitanti andrebbero rimossi in modo da ottenere una diffusione più omogenea della specie e la saldatura dei due grandi subareali in corrispondenza delle province di Piacenza e La Spezia, eventualmente anche attraverso reintroduzioni mirate. Di seguito sono riportati i punteggi d'idoneità relativi agli habitat presenti in Val Brembana, la distribuzione altitudinale e la struttura sociale e spaziale.
Carta di idoneità ambientale
Carta di idoneità ambientale per Capreolus capreolus.
Riquadrata in blu l'area approssimativa della Val Parina.
