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Idrografia

La porzione meridionale della Valle Brembana (fino alla "Goggia") presenta un reticolo idrografico complesso e sviluppato, costituito dal Fiume Brembo e dai torrenti provenienti dalle valli laterali (Torrente Brembilla dall'omonima valle, Torrente Enna dalla Val Taleggio, Torrente Parina dall'omonima valle e Torrente Ambria dalla Val Serina) con un contributo idrologico di notevole importanza per l'estensione dei bacini di alimentazione.

Il corso del Fiume Brembo nel tratto compreso tra la Goggia e la forra di Sedrina presenta un alveo ben definito in un contesto di valle alpina ampia e con vari ordini di terrazzamenti alluvionali, sedimentati e reincisi dal corso d'acqua principale, sui quali si è avuto l'insediamento di borghi e frazioni in posizione favorevole.

Diversa appare la struttura delle valli laterali.

La Valle Brembilla e la Val Serina hanno uno sviluppo nord-sud e sono per lunghi tratti inforrate, strette, complessivamente poco favorevoli agli insediamenti.

La valle Taleggio e la Val Parina sono invece accomunate da uno sviluppo est-ovest, dalla porzione terminale, a ovest per la Val Parina, ampia e aperta, idonea agli insediamenti e una parte inferiore, a est per la Val Parina, accidentata e di difficile accesso.

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La stazione di misura delle portate del fiume è ubicata al ponte di Briolo, presso Brembate Sopra, poco a nord di Ponte S. Pietro.

Situata a 19 km dalla confluenza con l'Adda, essa è a valle di tutta la parte montana del bacino. Le misure idrologiche al ponte di Briolo hanno avuto inizio nel 1926: la massima portata fu registrata il 1° novembre 1928, con ben 1.580 m3/s, mentre la minima si ebbe il 6 febbraio 1926, con soli 2,46 m3/s.

In media, le maggiori portate si hanno nei mesi primaverili (aprile, maggio e giugno) mentre un secondo massimo (la curva mostra una tipica doppia ciclicità annuale) cade in novembre, in accordo con il regime delle precipitazioni, alle quali, in primavera, si aggiunge il deflusso determinato dalla fusione delle nevi

* Profilo longitudinale del Fiume Brembo. Si notino le quote a Lenna (km 16.6 e km 22.5)

I Fenomeni Carsici

Il nome carsismo deriva dalla parola "kar" che significa "pietra", "roccia", da cui il nome Carso della regione compresa tra le città di Monfalcone, Trieste e Postumia.Il termine indica un paesaggio la cui forma particolare è data da un gruppo di fenomeni che riguardano le rocce calcaree.Questo tipo di rocce sono di origine prevalentemente marina e sono state prodotte dall'accumulo degli scheletri di organismi viventi. Dal punto di vista chimico queste rocce sono costituita esclusivamente o prevalentemente da carbonato di calcio (CaCO3).Un ulteriore requisito fondamentale per la formazione di fenomeni carsici è rappresentato dall'azione dell'acqua acida su tali rocce calcaree.Il carbonato di calcio di per sé è insolubile, ma quando è a contatto di acqua acidificata per esempio perché contiene disciolta dell'anidride carbonica (o biossido di carbonio, CO2) il carbonato di calcio si trasforma in bicarbonato di calcio, che è solubile e che viene asportato dall'acqua stessa. Il calcare quindi diviene solubile in acqua solo se questa è acida, ma in natura tutte le acque meteoriche ossia la pioggia, la grandine e la neve sono leggermente acide, poiché disciolgono la CO2 presente in atmosfera.

Il fenomeno di dissoluzione inizia quindi alla superficie della roccia, dove è a contatto con l'acqua, ma via via che si formano fratture e cavità a causa della dissoluzione del bicarbonato di calcio l'acqua penetra in profondità, dove scava e allarga le vie di circolazione. Per questo motivo nelle zone carsiche l'idrografia superficiale è scarsa o completamente assente: nonostante le precipitazioni, le zone carsiche sono molto aride in superficie.

È possibile avere un carsismo "puro" che produce forme attribuibili solamente alla soluzione della roccia ad opera della circolazione dell'acqua, ma molto più spesso questo processo di soluzione si combina con altri fenomeni geologici, dando origine ad una morfologia composta che conferisce al paesaggio un aspetto speciale e unico.

Un paesaggio che ha avuto delle influenze da parte di strutture tettoniche si definisce "tectocarsico"; un paesaggio in cui le forme carsiche sono scavate in un rilievo fluviale è definito come "fluviocarsico"; un paesaggio invece dato da forme che rivelano sia il modellamento carsico che quello glaciale è detto "glaciocarsico".

A livello generale il territorio brembano è caratterizzato da carsismo diffuso che ha concorso a generare una serie di forme assai diversificate e complesse, anche se meno estese rispetto alla vicina Valle Seriana.

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In Val Brembana sono presenti tutti e tre i tipi di carsismo per la presenza di pieghe, faglie e sovrascorrimenti che caratterizzano la zona, per l'esistenza di valli sospese, di fiumi e torrenti attivi, di sorgenti e per la presenza di morfologie glaciali

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Le fasi di sviluppo del fenomeno carsico sono molto lente e legate a particolari condizioni presenti sul territorio in tempi diversi. L' "innesco" si ha, come detto, con la soluzione sulla superficie esterna, nelle zone di debolezza quali, ad esempio, piani difatturazione della roccia o di stratificazione, dove l'acqua, infiltrandosi, riesce a compiere la sua opera.

In generale le forme carsiche si distinguono in forme di superficie (forme epigee) e forme profonde (forme ipogee). Molte forme di superficie, ad esempio i karren su frattura, possono dare l'impressione che ci sia continuità in profondità. Quindi, dal punto di vista morfogenetico, per alcune forme c'è correlazione tra forme epigee e ipogee. Le principali forme epigee, oltre ai karren su frattura (crepacci), sono i karren a doccia, i karren a scanellature, i karren ad impronta, le vaschette di corrosione, i fori.

Fenomeni carsici
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Le sorgenti​

Il territorio bergamasco è ricco di manifestazioni sorgentizie (anche se quelle con portate significative sono in numero esiguo) a causa di un afflusso meteorico abbastanza elevato e di una costituzione geologica favorevole, anche per zone molto estese, all'immagazzinamento delle acque di infiltrazione.La ricchezza di riserve idriche attirò l'interesse della confinante provincia milanese che, nell'Ottocento, valutò l'opportunità di captare le manifestazioni idriche della Goggia e di altre a nord di Camerata Cornello, proprio in Val Brembana, allo scopo di addurle a Milano.La Formazione del Calcare di Esino dà origine alle sorgenti più generose solo in parte sfruttate; per il contesto brembano si ricordano quelle del Brembo di Olmo e della Val Parina-Monte Ortighera.Anche la Dolomia Principale comprende alcune significative sorgenti (Taleggio).Le sorgenti più significative sotto il profilo tipologico appartengono alla categoria «di sbarramento», legate al rigurgito dell'acqua allorquando vi sono ostacoli al suo movimento. In genere gli ostacoli sono rappresentati da faglie che pongono a contatto complessi meno permeabili con la falda dell'acquifero.Formazioni di sbarramento a causa della loro natura impermeabile sono le Arenarie di Val Sabbia, la Formazione di S. Giovanni Bianco, l'Argillite di Riva di Solto.Un ruolo marginale nell'economia delle risorse idriche provinciali rivestono le sorgenti «per contatto» legate a depositi detritici di vario genere. In Val Brembana si possono riconoscere numerose sorgenti captate ad uso idropotabile; le più numerose hanno una portata inferiore ai 5 l/s, ma non mancano sorgenti con portate superiori.In un'area provvista di un abbondante patrimonio idrico sfruttato per l'approvvigionamento idrico della città di Bergamo, assume particolare rilievo la dotazione della Val Serina per la presenza nel Comune di Bracca di cospicue sorgenti di acque minerali.La vulnerabilità delle risorse idriche è un concetto inevitabilmente legato all'uso proprio di tali risorse. La presenza di fonti di inquinanti di varia natura, come discariche non controllate, scarico di reflui urbani o depositi di letame, possono compromettere anche a lunghissimo termine la qualità delle risorse idriche e va quindi posta particolare attenzione alla loro protezione
​* Piccola Sorgente lungo il sentiero 259. La vasca di raccolta delle acque ha il bordo rialzato artificialmente. (Foto C. Tognoni)

Le grotte

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Le grotte rappresentano uno straordinario e unico archivio geologico che fornisce informazioni sulla evoluzione climatica quindi geologica avvenuta nel corso delle ere.

Le stalattiti e le stalagmiti, veri e propri depositi chimici delle grotte, infatti, memorizzano le caratteristiche sia dell'acqua che le ha prodotte sia di quegli avvenimenti che hanno inciso nella loro formazione.

Studiando le loro diverse forme e alcuni elementi come l'anidride carbonica, la temperatura, il sistema cristallino specifico del carbonato, è possibile fornire una prima valutazione delle alternanze climatiche dell'ambiente esterno (umido o secco).

Inoltre l'analisi dei depositi detritici, provenienti dall'esterno, fornisce indicazioni sul clima dell'ambiente circostante alla grotta.

Ogni grotta è costituita da un insieme di gallerie, sale e pozzi.

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* Il "tavolino" nel Buco della Volpe. (LO BG 7706, in Comune di San Giovanni Bianco, fuori dall'area della Val Parina). L'immagine mostra le concrezioni presenti nelle grotte a cui si fa cenno nel testo.

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Le gallerie si sviluppano lungo incroci di due o più piani di fratture e/o di stratificazione. Gli incroci sono più larghi del semplice piano di frattura o di strato e perciò sono i luoghi in cui l'acqua scorre più facilmente e corrode la roccia fino a formare le grotte. Se l'acqua riempie completamente la galleria questa tende ad assumere una forma circolare in quanto scioglie la roccia in uguale misura su tutto il perimetro. Si formano perciò delle gallerie di sezione circolare od ellittica dette dagli speleologi "gallerie freatiche" o "a condotta forzata", ma il termine tecnico che le indica è gallerie singenetiche.

Se in un tempo successivo, per qualche motivo diminuisce la quantità di acqua che circola nella galleria, e di conseguenza questa non è più allagata, il calcare verrà sciolto solo al contatto con l'acqua e cioè nella parte bassa della galleria. Si possono così formare gallerie a forra (dette anche a canyon) o a meandro, dette dagli speleologi a buco di serratura.

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I pozzi invece possono essere di due tipi: pozzi a cascata e pozzi da erosione inversa. 

 

I primi si formano in modo analogo alle gallerie lungo gli incroci di due o più piani di fatturazione, che però non sono orizzontali. Sin tanto che l'acqua allaga completamente la condotta questa mantiene una forma circolare. Quando l'acqua diminuisce, poiché la condotta è inclinata, tende a formarsi una serie di rapide, poi di piccole cascate ed infine un singolo pozzo originato dall'arretramento della cascata. I pozzi da erosione (corrosione) inversa hanno una genesi completamente diversa. Dalla superficie l'acqua può infiltrarsi in profondità lungo una frattura o in corrispondenza di una dolina di corrosione. Se questa acqua incontra una cavità essa tende a corrodere il calcare nel punto in cui la frattura sbocca nella cavità. All'inizio la dissoluzione crea una sorta di rientranza nella volta della cavità (camino); il camino tenderà ad allungarsi verso l'alto per azione dell'acqua che scorre lungo le pareti. Nel frattempo l'eventuale dolina in superficie tenderà ad approfondirsi sempre più fino a quando, con il crollo del diaframma si originerà un pozzo aperto in superficie. Ovviamente questo tipo di pozzo si può formare anche in profondità tra due gallerie sovrapposte. Le sale che possono avere le forme più varie si formano in corrispondenza degli incroci di gallerie, anche su piani diversi.

Le attività di esplorazione, anche grazie alle attività dell'Ente Speleologico Regionale Lombardo, in questi ultimi anni sono riprese in maniera assidua, e hanno permesso di rilevare molti dati su nuove cavità presenti nel territorio regionale. Un'accurata analisi di dettaglio evidenzia che nelle zone in cui vi è un forte contributo da parte della tettonica sono presenti nicchie e pozzi che proseguono in profondità per centinaia di metri. Già da molti anni sono in corso indagini ed esplorazioni speleologiche che hanno "riportato in superficie" una grande quantità di dati e rilievi del sistema carsico ipogeo.

I fossili – cenni di stratigrafia
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Le rocce sedimentarie organogene sono formate da sedimenti derivanti, in diversi modi, da organismi viventi. Spesso queste rocce contengono gli scheletri o i gusci degli organismi che alla loro morte si depositano sul fondo dei bacini marini o lacustri in cui queste rocce si formano.

Le rocce sedimentarie organogene possono anche inglobare dei resti vegetali oppure sono esse stesse prodotto prodotte da organismi costruttori, come i coralli, durante la loro vita.

Nel Calcare di Esino si possono trovare tasche costituite da accumuli di Lamellibranchi, Brachiopodi, Gasteropodi, Ammonoidi cui si associano a calcari organogeni di scogliera con Tubiphites, Poriferi e rari Coralli.

Altre porzioni sono costituite da accumuli di alghe Dasycladacee (Diplopora annulata, Teutloporella herculea).

Tra le specie di Ammoniti determinate si segnala la presenza di: Norites dieneri, Epigymnites moelleri, E. paronae, E. frequens, Celtites sp., Argolites sp., Protrachyceras longobardicum, P. steinmanni, P. irregulare, Eoprotrachyceras gervasuttii, Rossiceras orobicum, Chiesiceras perticaense, Detoniceras raricostatum, Monophyllites wengenensis,Aploceras sp.

Uno studio stratigrafico-paleogeografico, integrato con analisi biostratigrafiche, sugli Ammonoidi del Calcare di Esino di età Ladinico della Val Parina (Jadoul, Gervasutti, Fantini Sestini, 1992), ha permesso di evidenziare una articolata stratigrafia interna alla piattaforma anisico sommitale ladinica della media Valle Brembana.

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*Documentazione fotografica con evinosponge (a), litotipi bioclastici con oncoidi (b), gasteropodi (c), ammonoidi, gasteropodi e lamellibranchi (d).

In particolare sono state riconosciute 6 litozone che documentano l'evoluzione laterale e verticale del sistema posizionale di piattaforma carbonatica del Calcare di Esino.

Numerose località fossilifere addensate in tasche bioclastiche sono state rinvenute mmediatamente a ridosso del margine meridionale della piattaforma della Val Parina​

 

* Successione stratigrafica del Triassico Medio del Monte Menna, Val Parina

Stratigrafia fossili
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